Mentre ero impegnato al raduno nazionale di Casus Belli a Piana delle Orme ad Alessandria, mia città di adozione ormai da quasi un decennio, si teneva, presso la sede del Baba Yaga, una associazione culturale cittadina dedita al GDR e al gioco da tavolo, la presentazione della seconda edizione di Radetzky’s March – the road to Novara. Con Sergio Schiavi, designer del gioco e patron di Dissimula Edizioni, eravamo d’accordo che mi avrebbe portato la copia del gioco ma ahimè la coincidenza delle date non mi ha permesso di essere presente all’evento: così ho mandato in missione i miei suoceri e, tornato dalle lande dell’Agropontino, ho trovato ad aspettarmi la bellissima scatola del gioco.
Non ho aspettato molto ad intavolarlo perché già da una prima lettura del manuale, scorrevole e ben scritto, pieno di esempi e con delle interessantissime note storiche, strategiche e militari finali a cura di Alessandro Barbero, Marco Scandigli, Paolo Cirri e Jean-Claude Brunner, il mio hype era altissimo. All’interno della scatola sono presenti alcuni scenari più piccoli, adatti ad introdurre le meccaniche di gioco… ma chi mi segue sa quanto mi piacciano i gioconi lunghi, le campagne che durano giorni, per cui mi sono cimentato subito in una partita completa. A differenza di altri wargame operazionali, questo Radetzky’s March consente di entrare nel cuore del gioco fin da subito poiché l’impianto di regole è ben strutturato, snello e veloce da interiorizzare. Per una recensione completa del gioco vi rimando a quella scritta dal SigFapos, caporedattore della sezione wargame di Giochi sul Nostro Tavolo.
L’inquadramento storico

Un anno dopo le 5 giornate di Milano che avevano liberato temporaneamente il capoluogo meneghino dalla dominazione austriaca nel contesto più ampio dei moti insurrezionali del ’48 che sconvolsero l’intera penisola, le forze austriache riconquistarono la città. Il re sabaudo Carlo Alberto fuggì ignominiosamente dalla città assediata scortato da un manipolo di bersaglieri per riparare in terre piemontesi: scappava dalla violenza dei cittadini milanesi, colpevole di aver gettato alle ortiche con la sua condotta politica e militare di quel tempo le conquiste democratiche della città e di averli lasciati alla mercé della vendetta austriaca.
Carlo Alberto era un uomo con un grande senso dell’onore ma incapace di prendere decisioni risolutive, una figura debole dal punto di vista militare e politico. Volendo riscattare la disfatta dell’anno precedente, nel 1949 affidò il suo esercito al generale polacco Chrzanowski, un uomo facilmente malleabile e controllabile rispetto agli arcigni generali francesi consigliatigli dal Ministro della Guerra Dabormida. Seppur l’esercito piemontese contasse su un organico di 150.000 unità, la sua organizzazione soffriva di una certa resistenza degli alti comandi alla modernizzazione, rimanendo ancorata i precetti della guerra settecentesca, non avendo recepito le innovazioni introdotte da Napoleone nell’arte bellica. Sebbene i piemontesi potessero contare sulla Divisione Lombarda, una vera unità di élite composta da rifugiati milanesi, motivati e agguerriti, il resto dell’esercito era composto in gran parte truppe poco addestrate o di riserva. Chrzanowski era un cartografo prima che un ufficiale militare, un uomo “praticamente ininfluente, chiamato perché non metteva in ombra nessuno, soprattutto il re” [M. Scandigli, Manuale di Gioco, pp. 11].

Gli austriaci, dal canto loro lamentavano problemi analoghi. Il loro esercito era anch’esso conservatore, non moderno (sempre in senso napoleonico), ma almeno rappresentava un apparato ben oliato e funzionante e dal morale alto, visti i successi conseguiti l’anno precedente. Radetzky sapeva che era solo: se le cose non fossero andate come sperato, si sarebbe ritrovato solo poiché la situazione delle altre aree di crisi non avrebbero permesso l’arrivo di aiuti. Le retrovie, avendo attestato la maggior parte delle sue forze a Pavia, rappresentava un grosso problema: è vero che la repubblica veneziana era stata smantellata e Milano era sotto il dominio austriaco ma una ripresa dei moti del ’48 non era da escludersi a priori: se si fosse trovato in piena lotta sul fiume Ticino, le sue forze avrebbero avuto le spalle scoperte a una eventuale taglio dei rifornimenti se le cose si fossero messe male in quel senso.
Radetzky, valutando correttamente il basso morale piemontese e l’incapacità dei comandi avversari di essere reattivi a situazioni inaspettate, decise di conquistare l’iniziativa, che sulla carta appariva alle forze nemiche, con una azione risoluta per spiazzare i sabaudi e metterne i crisi la capacità di combattere. La sua intuizione si rivelò corretta: concentrando le sue forze a Pavia anziché nel Quadrilatero, come sarebbe stato forse più saggio ma meno audace fare, si trovò il campo libero per passare il Ticino. La reazione piemontese fu caotica e titubante fino alla grande battaglia di Novara, che risolse il conflitto pochi giorni dopo la sua ripresa.
Inizia la campagna: le grandi manovre

Studiamo le condizioni di vittoria. il gioco termina con la vittoria automatica nelle seguenti situazioni
- Unità piemontesi rifornite entrano a Pavia (vittoria piemontese)
- Gli austriaci occupano contemporaneamente Casale, Vercelli e Novara con unità rifornite (vittoria austriaca)
- La differenza tra la somma dei punti combattimento delle unità avversarie eliminate e la somma dei punti combattimento delle proprie unità eliminate è pari o superiore a 20 (vittoria della fazione con meno perdite)
La disposizione delle forze iniziale è interessante nel gioco campagna poiché studiando la situazione si nota subito come la cosa fondamentale dei primi turni sia quella di manovrare le proprie unità in modo da trovarsi a contatto col nemico nella situazione migliore. Dal punto di vista piemontese la cosa migliore sarebbe entrare a Pavia, naturalmente… ma è una cosa più facile a dirsi che a farsi, a meno che l’austriaco non sia troppo azzardato e lascia completamente campo libero a est del Ticino. Per gli austriaci la cosa migliore sembrerebbe manovrare per prendere i piemontesi con le braghe calate da sud, quindi attraversando il Ticino subito vicino a Pavia e poi conquistare le città… ma c’è una incognita. L’entrata della divisione di Ramorino da sud per i Piemontesi, che avviene dal turno 5 in poi a scelta del giocatore sabaudo. Grazie ad essa, se l’austriaco non prende le necessarie precauzioni, i piemontesi potrebbero trovarsi la strada libera per entrare a Pavia indisturbati.
Sta dunque all’abilità dei giocatori manovrare le proprie truppe in modo oculato in base alla pianificazione che hanno fatto della campagna. Giocando da solo traccio due piani, uno per i piemontesi e uno per gli austriaci, con buona pace per la mia sanità mentale sempre più compromessa da questi continui sdoppiamenti!

Chrzanowski cercherà dunque di prendere Magenta e Abbiategrasso a nord di Pavia per minacciare direttamente la città nemica e obbligare gli austriaci a dislocare unità per tenere a bada la minaccia ad est del Ticino, tenendole lontane dai loro obiettivi. Però sa anche che Mortara e VIgevano sono nodi cruciali della rete di strade della regione e che non può lasciarli in mano agli austriaci troppo facilmente, altrimenti Casale Vercelli e Novara sono a un passo, per cui decide di muovere una parte del suo esercito a difesa di quelle città.
Radetzky invece cercherà di attuare una manovra a tenaglia, passando il fiume con il grosso delle forze davanti a Pavia per minacciare lo snodo stradale di Mortara da sud (che gli consentirebbe grazie alle strade di controllare tutta l’area di battaglia) mentre una parte delle forze cercherà di attraversare il Ticino davanti a Vigevano, in modo da prendere la città (altro snodo fondamentale) e non lasciare troppo spazio ai piemontesi verso Pavia.
I primi scontri



Il piano di Radetzky ora è chiaro ai a Chrzanowski che ha capito quale sia la tattica migliore per controbattere: tenere le posizioni nei paesi, nelle fattorie fortificate e lungo i torrenti, utilizzando il terreno a proprio favore per rallentare l’avanzata nemica. L’obiettivo è impedire alle forze di Radetzky di controllare gli snodi stradali, senza i quali la conquista della vittoria automatica per l’Austriaco è impossibile e nel contempo infliggere più perdite possibili. Avendo un esercito meno flessibile e meno mobile, i Piemontesi devono giocare non sulla velocità di spostamento, ma sulla conoscenza dei punti nevralgici in cui la forza d’urto nemica deve necessariamente concentrarsi.
Mentre continuano i turni mi accorgo di aver forse sbagliato a concentrare troppe forze all’assalto di Vigevano passando per il Ticino. Avrei dovuto forse passare dai guadi di Pavia con quasi tutto l’esercito, lasciando perdere Abbiategrasso (anche se da Piemontese questo mi avrebbe facilitato il compito di provare a marciare su Pavia… ma togliendo forze necessarie alla difesa della parte centrale -e importantissima- della mappa!) e provare a prendere Mortara il prima possibile: questo avrebbe obbligato il Piemontese a distribuire diversamente le sue forze, disperdendole di più.
Quante scelte tattiche e strategiche in un gioco geniale nella sua semplicità!
Le battaglie della Sforzesca e di Mortara. Ma non dimentichiamoci di Abbiategrasso!
Alla fine delle grandi manovre il grande dei due eserciti si trova dunque concentrato tra Mortara, Remondò e Vigevano ed è proprio qui che si deciderà le sorti della campagna di Radetzky, a differenza dei fatti storici, dove la battaglia decisiva fu combattuta davanti alla città di Novara.




La campagna si conclude

Alla fine si giunge all’ultimo turno di gioco, il 20° cioè il giorno 24 marzo e la situazione pende a favore dei Piemontesi che, a differenza della situazione storica, sono riusciti a dislocare abbastanza bene le proprie forze e a contrastare le più moderne truppe austriache. Nella mia partita il colpo di mano sognato (e realizzato) da Radetzky non ha avuto luogo, lasciando spazio invece a una campagna più di logoramento, soprattutto verso gli ultimi turni dove l’obiettivo di entrambi gli schieramenti è stato quello di infliggere più danni possibili all’esercito nemico.
La manovra a tenaglia che avevo deciso di fare con gli Austriaci si è rivelata un’arma a doppio taglio forse per la scelta di provare ad assaltare Vigevano dal Ticino anziché muovere sulla città da sud, attraverso la (poi accaduta lo stesso) battaglia della Sforzesca. Avevo sperato di sorprendere le forze di Chrzanoswki, che sapevo più lente, ma ho fatto i conti senza l’oste (che in questo caso anziché versare fiumi di birra ha lasciato che fossero le acque del fiume ad annegare i miei sogni di una vittoria facile su Vigevano).
Allo stesso modo Mortara, grazie anche alla funzione “frangiflutti” di Remondò, si è rivelata una spina nel fianco nei progetti austriaci. Le unità piemontesi di Ramorino sono state troppo pericolose per le linee di rifornimento di Radetzky, e la situazione del terreno, con i vari torrenti e i paesi hanno fatto il resto.
Abbiategrasso, dal canto suo, dopo essere caduta in mano ai bersaglieri piemontesi ad inizio partita non ha più cambiato controllo e si è rivelata un altro scoglio necessario da superare sulla carta ma impossibile da conquistare nella realtà. Saranno stati i tiri sfortunati?
Ovviamente rovesciando la prospettiva la campagna per i Piemontesi è stata un successo… solo in parte. Sicuramente per un attimo la prospettiva di entrare a Pavia è sembrata realizzabile, ma poi ho dovuto fare i conti con delle linee di rifornimento che sarebbero diventate lunghissime (e per questo pericolosamente esposte): per difenderle avrei dovuto lasciare scoperti i centri nevralgici stradali della regione, dando troppo spago al maresciallo baffuto.
Tuttavia la strategia attendista ha pagato, perché in questo caso giocare in difesa e in “ritirata controllata” gioca a favore dei Piemontesi, dato che lascia sì l’iniziativa a Radetzky, ma al prezzo per l’Austriaco di giocare sempre all’assalto, dato che il tempo pende decisamente non a suo favore.


Alla fine dunque la campagna verrà decisa ai punti poiché non è intercorsa una vittoria automatica ai punti. Il conteggio dei punti è il seguente:
| ENTRAMBI | 1 punto per ogni livello di forza (step) perso dal nemico |
| ENTRAMBI | 3 punti per il controllo di ognuna delle seguenti città: Mortara, Vigevano, Abbiategrasso, Magenta |
| ENTRAMBI | 6 punti per il controllo delle seguenti città: Casale, Vercelli, Novara, Pavia |
| AUSTRIACO | 1 punto per ogni livello di forza di unità austriache rifornite uscite dalla mappa in direzione di Torino |
| PIEMONTESE | 1 punto per ogni livello di forza di unità piemontesi rifornite uscite dalla mappa in direzione di Milano |
Gli Austriaci hanno inflitto 33 livelli di forza al nemico e controllano Pavia, per cui totalizzano 39 punti.
I Piemontesi hanno inflitto 37 livelli di forza al nemico, controllano Casale (6), Novara (6), Magenta, Abbiategrasso, Mortara e Vigevano (3 ognuno); inoltre hanno mandato 5 livelli di forza verso MIlano, per cui il totale dei punti piemontese è di 66.
A differenza della Storia, nella mia partita sono dunque i Piemontesi a portare a casa una vittoria che non si può definire sicuramente trionfo, a dispetto della forbice di punteggio, ma sicuramente una vittoria. Cosa sarebbe successo se le cose fossero andate in questo modo anche nella realtà?
Sicuramente Strauss non avrebbe composto la famosa marcia in onore del maresciallo Radetzky… e poi?
Considerazioni
Questo gioco mi ha davvero convinto e soprattutto divertito! L’ho trovato veloce, scorrevole, facile da imparare da giocare, anche se poi come sempre giocare bene è un’altra storia. Le manovre dei primi turni devono coincidere con un piano ben congegnato, altrimenti si disperdono le energie in troppe direzioni. Tenere unite le formazioni è essenziale per sfruttare al meglio le chit comando, così come avere bene in mente le condizioni del terreno: occhio che il Ticino è bastardo!
Questa grande e divertente partita mi ha lasciato la voglia di rigiocare a questo bel gioco e questo è già un grande pregio. Se ci uniamo che questa battaglia, abitando ad Alessandria, racconta di un territorio a me noto, la curiosità aumenta: grazie agli inserti interessantissimi del manuale a firma Paolo Cirri, che guida il lettore nel Parco della Battaglia in un itinerario ideale, sicuramente pianificherò qualche giro in moto alla scoperta dei luoghi della battaglia di Novara. Quando ripiazzerò Radetzky’s March sul tavolo, ne nascerà una bellissima interazione tra i ricordi di ciò che avrò visto e la visualizzazione di ciò che accade sul tavolo: e scusate se è poco.
