Inauguro con questo post una nuova serie di recensioni che non tratteranno specificatamente di wargame in quanto giochi, ma di wargame in quanto “macro-argomento” di fondo in opere come libri (principalmente), documentari, conferenze alle quali assisterò o altro. Il wargame non è soltanto giocare, ma può essere anche spunto di riflessione per parlare di molte cose come la didattica, la storia militare, la public history, la società e la sociologia, la ludologia e tanto altro.
L’ultima fatica letteraria del nostro Riccardo Masini, insieme al padre Sergio, è la raccolta e il riordine degli atti del convegno tenutosi nel contesto del Rome Wargame Gathering 2019 organizzato dalla Federazione Italiana Wargame (FIW) e pubblicato all’interno della collana La Fvcina di Marte (Aracne Editrice) della Società Italiana di Storia Militare. Il pdf del libro è gratuitamente scaricabile quindi vi invito a farlo e leggerlo, si tratta di una lettura davvero illuminante e interessante, come andremo a vedere.
La SISM, fondata nel 1984 da Raimondo Luraghi, è una autorevole associazione italiana che studia la storia della difesa e dei conflitti, con attenzione alla storia militare integrata con tutta una serie di altri campi (filosofico, politico, economico, sociale, letterario). L’approccio è scientifico e accademico, come può denotare l’attuale comitato scientifico della collana della Fvcina di Marte che vede professori emeriti di università come Bologna, Exeter, Pavia, Siena e Padova, nonché rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri, dell’Istituto di Studi Strategici e dello U.S. Naval War College. Perché questa premessa?
Perché la SISM si è fatta patrocinatrice del convegno di cui gli atti rappresentano l’oggetto della nostra recensione e personalmente la trovo una cosa straordinaria: dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, dell’altissima dignità che il wargame sta acquisendo come materia di studio e di coadiuvante ad esso. C’è un fervente scambio di opinione nel mondo istituzionale e accademico riguardo alla correlazione tra gioco e storia, come dicono i Masini nell’introduzione “Forse non è solo un gioco… introduzione dei Curatori”: l’idea alla base della giornata di studi “La Storia in Movimento” […] è stata di studiare proprio questa insolita “intersezione”, mettendo storia e gioco insieme in una provetta, dando una bella mescolata e analizzando quale tipo di reazione veniva a prodursi [pp. 9].
Purtroppo il gioco di simulazione vive, soprattutto da chi non lo conosce o lo conosce in maniera distorta, una serie di pregiudizi che ne minano ancora oggi la diffusione. Giudicato di volta in volta o troppo o non abbastanza divertente per essere considerato rispettivamente uno strumento di indagine scientifica o, in effetti, un vero e proprio gioco [pp. 10]. Si capisce quindi quale sia l’obiettivo primario di questa discettazione: definire cosa sia il gioco di simulazione e capire come si possa utilizzare le sue potenzialità in massima parte ancora non sfruttate come strumento di indagine scientifica per comprendere con maggiore profondità e tramite l’analisi del possibile le mille sfaccettature di ciò che ha determinato ciò che è accaduto davvero [pp. 17].
Quali sono i punti di forza ma soprattutto le criticità che bisogna affrontare in questo percorso? Nell’ottima introduzione dei Masini si analizza anche questo, tra criticità soggettive e oggettive [pp. 22-24] per approdare alla differenza tra analytic e narrative history [pp. 24]. L’analisi che si può attuare degli eventi storici tramite il wargame si avvicina alla storia controfattuale, approccio metodologico di studio che parte dal classico detto “la storia non si fa con i se e con i ma” e lo contraddice apertamente, scegliendo i suoi “se” e i suoi “ma” con osservazione di carattere scientifico [pp. 25].
Virgilio Ilari, presidente della SISM, saluta i presenti al convegno soffermandosi sugli impegni della società da lui presediuta, in particolar modo di porsi come trait d’union tra gli accademici e i cultori della materia, tra i quali si distinguono quanti nei vari settori di ricerca, dalla modellistica all’uniformologia al wargame, si avvicinano alla storia miltare e spesso poi finiscono per dare contributi che a volte sono persino qualitativamente migliori di certuni che provengono dal mondo accademico [pp. 33].
Si entra nel vivo del convegno: il giornalista e saggista Sergio Valzania, autore di numerosi libri sulla storia navale e direttore per un decennio della programmazione radiofonica della Rai ci racconta come come durante il secondo conflitto mondiale i giapponesi effettuarono almeno tre grandi simulazioni belliche (o forse 2?). In “le Simulazioni belliche nel corso della seconda guerra mondiale” [pp. 39-50] Valzania persegue l’obiettivo di sollevare almeno un lembo della coltre che ricopre l’esperienza vissuta dagli stati maggiori giapponesi […] in ambito Kriegsspiel [pp. 39], raccontando in un intervento divertente e appassionante come la preparazione della battaglia delle Midway, del golfo di Leyte e di Pearl Harbour sia passata dai grandi tavoli del gioco di simulazione (anche se, a dirla tutta, non c’era molto gioco in queste partite preparatore).
In particolare la sessione di studio della battaglia delle Midway fu intensa ed è quella più documentata, grazie al libro di Fuchida Mitsuo e Okumiya Isoroku “Midway: the battle that doomed Japan” [Annapolis: Us. Naval Institue]. Grazie a questa simulazione e all’intuizione (arbitraria ma a suo modo giusta) del contrammiraglio Ugaki, che ridusse da nove a tre i colpi subiti dalla formazione giapponese, si dimostrò l’inefficacia degli attacchi alle portaerei sferrati da basi aeree terrestri. Le simulazioni in ambito militare vengono effettuate per individuare i punti deboli dei piani di battaglia, […] in un contesto di studio più che di competizione [pp. 41]. Per questo lo sbaglio del direttore del gioco non fu quella di ridurre i colpi subiti dalla formazione nipponica in maniera arbitraria, quanto di non segnalare l’errore tattico insito nella sua strategia, che portò nella realtà Nagumo a schierare le sue navi in maniera troppo esposta e quindi condannandole. Valzania prosegue raccontandoci delle simulazioni fatte sulla battaglia del Golfo di Leyte e dell’incredibile storia della foto che il contrammiraglio Shafroth riportò negli Stati Uniti dopo il periodo post bellico di occupazione e di cui trovate una riproduzione qui di seguito.

In “Storia, Wargame e Didattica” [pp. 51-63], Mauro Faina, preside scolastico, presidente di Casus Belli nonché patron dell’ottimo podcast “Il Giannizero Nero” propone un’analisi delle proprie esperienze in ambito didattico nell’utilizzo dello strumento del gioco di simulazione. Faina, basandosi sugli anni di esperienza nell’insegnamento e alle innumerevoli iniziative a cui ha partecipato e che ha diretto, identifica quattro valori fondamentali del wargame:
- è attività che aiuta a migliorare l’atteggiamento mentale
- è attività che insegna più materie contemporaneamente, quali storia, inglese e geografia
- è attività che stimola il cervello su diversi livelli e alla focalizzazione del problema
- è attività che migliora l’interazione e ci fa conoscere il prossimo [pp. 55]
Si prosegue poi con una proposta di lesson plan con tema Ciro il Grande e la battaglia di Thymbra, alla fine del quale il nostro si chiede se il wargame è la nuova metodologia che può stimolare gli studenti? [pp. 62]. La risposta ovviamente è no, si tratta di sperimentazione che qualche volta funziona, qualche volta no. Ma può essere strumento coadiuvante alla lezione tradizionale, perché permette allo studente di toccare con mano le cose di cui si sta parlando.
Personalmente se avessi avuto un professore che mi avesse proposto una cosa del genere all’epoca del liceo ne sarei stato entusiasta, ma è anche vero che non avrebbe probabilmente trovato terreno fertile tra i miei compagni: tutto dipende dal contesto e dal momento, ma è un approccio che si può tentare e Mauro è da sempre in prima linea. Il bello del wargame è che pone lo studente nella condizione di immedesimarsi nei protagonisti dell’evento trattato, in una sorta di public history in cui diventa protagonista e voce narrante. Come scrive Chiara Asti su Parabellum X, [il wargame] sfrutta il momento del gioco per il suo carattere di costruzione di un discorso storico, valorizza l’immedesimazione dei giocatori negli attori storici, utilizza la potenzialità offerta dagli scenari alternativi che si possono verificare, promuove la riflessione sul gioco come fonte storica che può riprodurre il punto di vista dell’autore [Parabellum X PP. 51]. Tenendo a mente anche la storia controfattuale, quella del what if, che se utilizzata in modo scientifico, esalta la libertà d’azione del giocatore come elemento necessario all’esplorazione, appunto, degli scenari alternativi: perché quella cosa è successa in questo modo? E se fosse successa in quest’altro? Come avrebbe influenzato gli eventi successivi?
Il grande Andrea Angiolino (vi rimando alla sua pagina di Wikipedia per la sua storia, meriterebbe un post a parte) si presenta in veste di autore di giochi (Wings of War, Sails of Glory, Lex Arcana…) e parte dalla definizione di Roger Caillois, “il gioco è un’attività libera, separata, fittizia, improduttiva, regolata e che vive nell’incertezza” per analizzare il gioco di simulazione; successivamente si chiede a chi far gestire i dettagli [pp. 76] necessari per far sì che un gioco si possa definire simulativo e approda alla complessità nascosta [pp. 78], il principio come lui stesso lo ha definito. Nascondendo cioè i dettagli storici e tecnici di un qual fatto storico non facendoli gravare sui giocatori, semplificando il book keping e non per questo perdendo in veridicità.
Angiolino fa l’esempio di Ace of Aces, gioco di Alfred Leonardi del 1980 pubblicato da Nova. In questo gioco di dogfight ambientato nella prima guerra mondiale, ogni giocatore, pilota di un aereo tedesco o inglese (rispettivamente un Fokker e uno SPAD XIII), ha come strumento di gioco un libretto a fumetti, che disegna in prima persona quello che vede dall’abitavolo del suo aereo. In base a una griglia posta sotto la vignetta, sceglie la successiva manovra e la confronta con quella dell’avversario, così da andare la successiva vignetta e vedere la situazione successiva. Nello scegliere quale manovra intraprendere, il giocatore non lo sa, ma sta comportandosi esattamente come un pilota dell’epoca, poiché quelle manovre consentite dal gioco sono esattamente quelle effettuabili nella realtà, solo che il giocatore si limita a scegliere una manovra e nella tabella di frecce (si vede l’immagine più avanti per un esempio chiaro) è nascosta tutta una serie di parametri che riproducono la diversità velocità degli aerei, i diversi tipi di armamento, le diverse possibilità di virata…

Giuseppe Tamba nel suo intervento “L’altra faccia della Luna: il wargame tridimensionale da H. G. Wells a Kickstarter” [pp. 85-116] fa un lungo e interessantissimo excursus alla scoperta del gioco di simulazione tridimensionale, cioè con figurini, diorami e miniature. Tambafa parte dello staff del RWG e dell’associazione Miles Gloriosus, di cui è attualmente presidente. Partendo da Little Wars di Wells, il libro mitico che fa da papà a tutti i libri di wargame che sono stati scritti successivamente [pp. 85] l’autore cavalca attraverso la storia del wargame, passando per Tactics di C.S. Roberts della Avalon Hill, il regolamento Wargames di Donald Featherson, la SPI, Strategy and Tactics, Dungeons and Dragons, Wargame: la Guerra sul Tavolo di Italo Preti, Warhammer…
Ma il cuore della sua trattazione è il soldatino, chiedendosi: ma si tratta di opere d’arte o di pupazzetti? [pp. 94]. La risposta è ovviamente a metà, perché se da una parte il figurinismo, cioè l’arte di scolpire e dipingere figurini in scala rappresenta un hobby a se stante e ha prodotto opere di qualità sempre più elevate, dall’altra chi si dedica a questa forma di modellismo per creare le proprie armate con cui darsi battaglia sul tavolo, pur dedicandovi anima e corpo, crea dei soldatini da maneggiare e con cui giocare, non qualcosa da ammirare dietro una teca.
Analizzando le varie tecniche di pittura e scultura, le scale, i diorami e perfino i regolamenti, Tamba apre una finestra su questo mondo incredibile, fino a raccontare del tavolo da gioco tridimensionale più grande al mondo, il progetto Waterloo Replayed, dove 80 giocatori divisi in due squadre hanno mosso 22500 miniature su un tavolo lungo 25 metri e largo 2 disposto a ferro di cavallo: nel giugno 2019, con il patrocinio dell’università di Glascow, questi intrepidi in due giorni hanno dato vita alla battaglia di Waterloo, attirando centinaia di visitatori che, nel frattempo, potevano anche giocare sui tavoli disposti tutto intorno.
Il ragionamento di Tamba si conclude con una rapida analisi del fenomeno, ormai consolidato, di Kickstarter, con tutte le gioie e i dolori che questo sistema di produzione e consegna dei giochi si è portato dietro. E adesso tocca a te, caro lettore, trovare un pavimento, un amico, cannoni e soldatini e dimostrare disteso a terra con devozione il tuo apprezzamento per il nobile e meraviglioso regalo che ti ho fatto: un gioco senza fine [H.G. Wells in Little Wars, op. cit. in Tamba, pp 114].
Si prosegue poi con Gregory Alegi, storico e giornalista e docente di Storia Americana alla LUISS, che propone l’intervento “Simulare la guerra per formare ufficiali – Memorie di un’occasione didattica mancata”. Grande esperto di aereonautica, Alegi ricorda i suoi tentativi congiunti con il comandante Giovanni Saladino di utilizzare il gioco di simulazione nel contesto dei giochi operativi. Ci racconta poi la mancata realizzazione del successivo progetto di simulazione, tra le aule dell’Accademia Aereonautica, dell’entrata in guerra della Regia Aereonautica nel 1940.
Passiamo poi a Riccardo Rigillo, Direttore generale della Pesca Marittima e dell’acquacoltura presso il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, nonché Autorità di gestione per l’Italia del Fondo Europeo per gli affari marittimi e la pesca, che grazie alla sua lunga formazione di wargamer, inquadra il gioco di simulazione a livello teorico e in relazione alle altre forme di gioco da tavolo.
In primis traccia una linea per definire cosa è simulazione e cosa non lo è [pp. 136], tra definizioni ed equivoci, arrivando a chiarire come il gioco possa essere usato come analisi della realtà arrivando a dare delle classificazioni che possano aiutarci a distinguere meglio il panorama dell’offerta commerciale.
Il volume prosegue con Ugo Barzoletti, studioso di fama internazionale nonché creatore del Museo del Figurino Storico di Calenzano. Grazie a una corposa impalcatura bibliografica, la living history messa in campo grazie ai grandi diorami museali rivive nei racconti dello storico, che diventano ausilio alla divulgazione storica non solo per la sicura resa scenografica, ma anche per l’accuratezza delle ricerche storiche che nasconde. Si arriva a parlare di archeologia sperimentale, un’archeologia ricostruttiva che passa anche attraverso il nostro hobby, dove spesso i giochi sono libri di storia declinati in altra forma.
Chiude il volume l’intervento di Massimiliano Italiano, membro della SISM, che nel suo “Il wargame nell’immaginario collettivo: un punto di vista politico” analizza la figura del wargamer così come percepisce se stesso e come viene percepito dalla società. Un’analisi chiara e a tratti impietosa. Così come da una parte il pregiudizio nei confronti di chi ama quest’hobby è radicato nella nostra società, con accuse di bellicismo o estremismo, dall’altra è lo stesso hobby, spesso, a chiudersi a riccio nei confronti “dell’esterno”, a darsi un aspetto quasi cabalistico, con presunzione di superiorità annessa. Come mediare tra i due poli? Cercare di capire la psicologia del giocatore è un buon punto di partenza, per capire come esso si rapporti ai temi dei giochi di simulazione e quale sia l’indole e l’intelligenza del giocatore che così come muove e risolve le problematiche della battaglia altrettanto farebbe nella vita quotidiana, secondo le sue capacità innate e i suoi limiti [pp. 183].
Il volume che abbiamo appena analizzato è davvero una bella lettura e pone le basi per un percorso di ragionamento e studi ancora in parte da compiere. Se da una parte la letteratura “wargamistica” abbonda, soprattutto nel mondo americano e anglosassone, è innegabile che in Italia la situazione sia diversa. Libri come questo, che raccontano convegni di questa caratura, devono per me offrire la base a successivi ampliamenti del discorso, a nuove forme di ricerca, di pubblicazione. Una cosa è chiara: il Rinascimento del wargame è ancora in atto, ma sta evolvendo in una attenta Epoca della Ragione, in cui forse riusciremo a dargli la dignità di qualcosa di più di un gioco, che non deve perdere la sua caratura ludica e intrattenitiva ma che si può spingere, se l’utente finale lo desidera, laddove nemmeno il suo autore avrebbe pensato.
