Visto il successo del primo articolo della serie, che potete trovare cliccando qui, ecco puntuale come un peggioramento dello stato di DEFCON il secondo post, che prosegue nella disamina delle carte di Twilight Struggle da un punto di vista sia storico che ludico. Quest’oggi ci occuperemo di Piano Quinquennale per la fazione USA e di Fidel per l’URSS, che daranno vita a un post dal peso storico… rilevante!

Dato che questi articoli si concentrano sull’aspetto storico delle carte e sul loro utilizzo nel gioco, darò per scontato il regolamento e la sua applicazione. Il lettore che non dovesse conoscere Twilight Struggle può leggere la mia recensione del gioco per avere una infarinatura di come esso funzioni, anche se per approfondire la storia dentro le carte non è necessario conoscerne il funzionamento.
Il titolo della rubrica prende diretta ispirazione dalla sezione del regolamento che, in piccolo, fa la stessa cosa che mi propongo qui ed è un omaggio ulteriore alla genialità di Ananda Gupta e Jason Matthews, gli autori di questo grande capolavoro.
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PIANO QUINQUENNALE

Con la morte di Lenin il 21 gennaio 1924, Stalin (Nato Iosif Vissarionovič Džugašvili), diventato segretario del PCUS (Partito Comunista dell’Unione Sovietica) nel 1922, diede vita alla “totale dittatura personale” [vd. Nicholas V. Riasanovsky, Storia della Russia, Bologna, Bompiani 2010, p. 493] dal 1928: chiudendo i conti con i rivali della vecchia guardia (da Zinov’ev a Kamenev fino ad arrivare all’assassinio di Trockji in Messico nel 1940, dopo la sua espulsione nel 1929) il dittatore georgiano si trovò così libero di assecondare la sua immensa e distruttiva paranoia (le famigerate purghe staliniane, che distrussero l’élite culturale, politica e militare russa del tempo) e al tempo stesso di applicare le sue teorie alla gestione economica del paese.
In totale vi furono 12 piani quinquennali e non è facile andare alla ricerca degli effettivi benefici e danni che apportarono all’Unione Sovietica: non è nemmeno nell’obiettivo di questo articolo, anche perché vi è una cospicua letteratura scientifica in merito (mi permetto di consigliare, a tal proposito, il già citato libro di Riasanovsky, ma anche Alexander Baykov, Lo sviluppo del sistema economico sovietico, Torino, Einaudi 1952; Carlo Boffito, il sistema economico sovietico, Torino, Loescher 1979; Sergej Porkopovič, Storia economica dell’URSS, Bari, Laterza, 1957) a cui fare riferimento. Tuttavia cercherò di fare una ricapitolazione a “volo d’uccello” sulla questione.
Il primo piano quinquennale e i successivi diedero un’enorme spinta al ritmo dell’industrializzazione nel paese, di fatto trasformando quella che era un’economia contadina basata sulla coltivazione della terra in una possente struttura industriale. Innanzitutto vi fu la collettivizzazione delle fattorie e il contadino individuale, che spesso coltivava i campi in funzione di pura sussistenza, venne inquadrato nel nuovo sistema delle fattorie collettive (si tratta della dekulakizzazione e della trasformazione delle terre private nei Kolchoz, le “proprietà agricole collettive” delle cooperative statalizzate oppure nei Sovchoz, aziende di stato). In questo modo si trasferì una grande ricchezza dall’agricoltura all’industria pesante: Kolchoz e Sovchoz erano obbligati infatti a vendere allo stato una quota del loro prodotto al prezzo fissato dallo stato, così che quest’ultimo lo ridistribuisse o lo usasse per finanziare lo sviluppo industriale. Fu così che dagli esordi dei piani, l’URSS, in fatto di produzione industriale, passò da quinta a seconda, dietro soltanto agli Stati Uniti [vd. Riasanovsky, ibidem, p 494].
Dopo la seconda guerra mondiale, vennero proposti e attuati il quarto e il quinto piano quinquennale (1946-1950 e 1951-1955), che Stalin promise avrebbero risollevato l’economia e la produzione industriale sovietiche, devastate da anni di sanguinosa e dispendiosa guerra con la Germania nazista. Visto che gli USA non si accordarono con l’URSS sui termini di un prestito che aiutasse i sovietici nella ricostruzione post bellica (fattore che alimentò la rapida escalation della Guerra Fredda) Stalin investì molte speranze in questi due piani, che prevedevano, tra le altre cose, la fondazione del Comecon (Consiglio di mutua assistenza economica), che legò in una stretta commerciale ed economica le nazioni del blocco orientale all’Unione Sovietica e la spesa di circa un terzo dei capitali (del quarto piano) in Ucraina, devastata dalla guerra e serbatoio agricolo e industriale per l’URSS.
Il piano successivo segnò l’era post staliniana e vide un’apertura a un’economia più moderna e meno statalista, con l’introduzione delle paghe minime, la riforma salariale, e l’incremento dei beni di consumo: Nikita Khrushchev fu ambizioso negli obiettivi di questo piano, tant’è vero che esso venne fermato anzitempo e ridimensionato nel “piano settennale”, l’unico della durata di sette anni anziché cinque. Pur concentrandosi ancora sui beni strumentali, il piano settennale “soddisfaceva le esigenze correnti della popolazione in misura un po’ più larga delle precedenti fasi di industrializzazione sovietica” [vd Riasanovsky, ibidem, p 548].
Se l’ottavo piano fu un riesame di quello precedente, il nono (1971-1975) vide un aumento del reddito medio del 4,5% su base annua e un’investimento enorme rispetto a quello precedente (+420%, fonte Wikipedia) per l’introduzione dei primi elaboratori. Nonostante molti degli obiettivi prefissati non furono raggiunti, la produzione industriale continuò a crescere enormemente (+43%). Con il decimo piano (1976-1980) si tornò a uno sviluppo dell’industria pesante, della difesa e dell’agricoltura. Le politiche di distensione che erano iniziate nel 1972 per l’allora presidente dell’URSS Leonid Il’ič Brežnev avrebbero dovuto essere sfruttate per vendere il previsto surplus energetico all’estero in cambio di nuovi progressi tecnologici che avrebbero potuto aiutare l’industria pesante sovietica ad innescare un sistema virtuoso di autosviluppo. Nonostante la previsione di crescita del 63%, si arrivò solamente al 24%. Questi ultimi piani non rappresentarono quindi il volano a un nuovo slancio dell’economia e della produzione sovietica, ma ne testimoniarono un rallentamento generale in quasi tutti i settori economici.
Il decimo piano, insieme all’undicesimo (1981-1985) dimostrarono “la reiterata incapacità dell’economia sovietica di raggiungere i propri obiettivi, un declinante aumento della produttività e altri sintomi di stagnazione. […] Allora, e negli anni immediatamente successivi, tutto in apparenza […] ha contribuito a ritardare lo sviluppo economico sovietico e a mettere in evidenza la gravità dei problemi del paese in questo campo.” [vd. Riasanovsky, ibidem, p 555].
Il dodicesimo piano (1986-1990) segnò l’epoca della perestroika e si risolse con una tale e profonda crisi economica in tutti i settori del paese: il tentativo di decentralizzare il controllo sulle attività produttive non bastò a rivitalizzare una economia disastrata e che fece da trampolino finale alla caduta dell’URSS.
Se alcuni di questi piani favorirono la corsa all’industrializzazione e alla modernizzazione di una paese che negli anni ’20, pur essendo un gigante a livello di popolazione, non poteva competere sul piano economico e produttivo con le altre grandi potenze mondiali, è anche vero che spesso rappresentarono una grave zavorra allo sviluppo stesso. L’ossessione per la pianificazione centralizzata dell’economia dei leader russi e una presenza ingombrante dello stato nei mercati interni e sul piano dell’import-export ebbero come risultato di zavorrare anziché favorire gli obiettivi che si proponevano di raggiungere. L’economia sovietica, è opinione consolidata tra gli storici che si occupano di questi aspetti, ebbe a trarne più svantaggi che vantaggi e in fin dei conti ne risultò sfavorita all’interno delle dinamiche della Guerra Fredda.
In termini di gioco questa carta offre 3 punti operazionali, valore di tutto rispetto. L’evento, rigiocabile, può mettere in seria difficoltà il giocatore sovietico, scombinandogli la strategia a lungo termine (che poi è quello che si cerca di simulare). Perdere una carta in un gioco in cui ognuna delle carte nella mano è importante e ogni round del turno pesa come un macigno può davvero fare la differenza. Il suo peso acquista maggiore rilevanza in media e soprattutto tarda guerra, dove la frequenza di carte ed effetti che favoriscono l’URSS va scemando a favore degli USA.
FIDEL

Hasta la victoria siempre. Patria o muerte. Questa fu la frase che Ernesto “Che” Guevara pronunciò diverse volte e che divenne frase simbolo della rivoluzione cubana prima e della sinistra rivoluzionaria poi. Insieme a Guevara, furono i fratelli Fidel e Raúl Castro e Camilo Cienfuegos a guidare i rivoluzionari cubani nella guerra civile per rovesciare il dittatore Fulgencio Batista. Il nuovo governo imboccò subito la strada del socialismo e alle nazionalizzazioni decretate dall’Avana, gli USA risposero con sempre maggiore forza, utilizzando varie ritorsioni.
Castro, dapprima eminenza grigia nel governo provvisorio post-Batista, giurò come primo ministro di Cuba il 16 febbraio del 1959. Dopo essersi proclamato presidente dell’Istituto Nazionale della Riforma Agraria emanò una nuova riforma agraria che impediva ai contadini di possedere più di 4 km quadrati di terreno: le grandi aziende agricole vennero dunque espropriate e le terre ridistribuite al popolo: la riforma garantì un grande supporto popolare a Fidel, ma gli alienò il supporto della middle-class cubana. Moltissimi appartenenti al ceto medio emigrarono in Florida: migliaia di medici, ingegneri, funzionari lasciarono il paese,
Sebbene Castro negasse pubblicamente di essere socialista, le sue relazioni con l’URSS di Chruščëv miglioravano di pari passo col deterioramento di quelle con gli USA di Eisenhower. Mentre il presidente sovietico dichiarò ai suoi che Cuba sarebbe diventata “un faro del socialismo in America Latina” [vd Peter G. Bourne, Fidel: A Biography of Fidel Castro, New York, Dodd, Mead & Company, 1986], la CIA finanziò i dissidenti cubani in esilio per cercare di infiltrarsi in territorio cubano e fomentare una ribellione contro il governo marxista. Questi tentativi americani culminarono con l’Invasione della Baia dei Porci, che rischiò di scatenare una guerra calda tra USA e URSS.
Ci sarebbe molto da scrivere a proposito di quest’uomo che, nonostante le dimensioni geografiche dell’isola da lui governata dal 1959 al 2008, giocò un ruolo di primo piano negli avvenimenti della Guerra Fredda: la posizione geografica di Cuba facevano dell’isola una vera e propria avanguardia socialista ai confini degli Stati Uniti: la Crisi dei Missili e la segreteria del NAM nel 1979 sono solo alcuni degli innumerevoli esempi che si potrebbero fare sulla sua storia. Fu un rivoluzionario, un rappresentante della liberazione latinoamericana dal giogo del potere statunitense e sebbene apparentemente allineato all’URSS, riuscì anche a non piegarsi ad essa, mantenendo quello che Theodore Draper definì come “castrismo”, ovvero un cocktail di rivoluzionarismo sudamericano e socialismo europeo. Castro affermò: “Noi non siamo solo marxisti-leninisti, ma anche nazionalisti e patrioti” [vd Robert E. Quirk, Fidel Castro, New York e Londra, W.W. Norton & Company, 1993], dichiarando di ispirarsi sì all’ideologia socialista ma anche a un forte attaccamento a Cuba.
Fidel Castro fu uno dei leader più controversi e discussi della sua epoca: alle volte dipinto come un caudillo, alle volte come un grande rivoluzionario; descritto dai detrattori come un orco assetato di potere, un carceriere che calpestava i diritti umani di chi non si allineava al suo potere, osannato dagli apologeti come un patriota e un ispiratore per i movimenti di liberazione di tutto il mondo (la rivoluzione cubana ispirò Ben Bella nella rivoluzione algerina [vd Quirk, ibidem, p. 424] e Nelson Mandela [vd Anthony Sampson, Mandela: The Authorised Biography, HarperCollins, 1999]. L’associazione per i diritti umani CUBA Freedom House ha calcolato che dal 1959 ad oggi siano state più di 10.000 le morti causate dal regime castrista [vd Cuba Freedom House, human rights, 2000]. Papa Francesco si dichiarerà “addolorato” alla morte di Fidel nel telegramma inviato dal Vaticano al fratello Raúl.
Tutte queste contraddizioni stanno a dimostrare quanto peso possa aver avuto nella storia e, visto l’argomento del nostro articolo, nella Guerra Fredda, quest’uomo, nel bene e nel male un grandissimo personaggio della sua epoca.
In termini di gioco, la carta offre 2 punti operazionali, quindi ci troviamo di fronte a una carta dal peso medio-basso secondo questo parametro. Quando giocata, crea un facile corridoio di accesso per l’URSS sul continente americano, a patto di rinforzare subito l’influenza sovietica sull’isola. Se questo non dovesse accadere, il giocatore USA attento metterà subito piede a l’Avana, in previsione dell’apertura del fronte sudamericano nella fase di metà guerra con l’ingresso delle carte punteggio del cento America e Sud America.
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